Un cancello arrugginito e una piccola guardiola con i muri sgretolati dal tempo. È l’ultimo, fiero baluardo di una fabbrica che per ottanta lunghi anni ha contribuito molto allo sviluppo dell’industria italiana e alla sua diffusione nel mondo.
Partiva nel 1906, dalle ceneri della Darraq, una fabbrica francese che costruiva biciclette e automobili e fu attiva anche in Italia, l’avventura dello stabilimento del Portello, dai cui cancelli sono uscite intere generazioni di Alfa Romeo. Dai bolidi di Varzi e Nuvolari, oggi custoditi nelle sale del museo di Arese, alla Giulietta, simbolo del miracolo economico e di un’Alfa che cominciava a prendere le misure con la sua nuova dimensione di grande fabbrica di automobili.
Automobili belle e veloci, ma anche motori aeronautici, marini, camion, autobus, compressori, trivelle e generatori elettrici. Oggi la memoria storica delle fabbrica del Biscione è nascosta tra le pieghe di un paesaggio verde e ultramoderno. Tra grattacieli, parchi e piste ciclabili, l’area in cui venne allestita l’Expo del 1906 è irriconoscibile. Dal 2001, gli oltre 260.000 metri quadri che ospitavano i reparti di produzione dell’Alfa Romeo sono stati via via smantellati per far posto a torri e centri commerciali ispirati alle più grandi e futuriste metropoli del mondo. E del Portell, che in dialetto milanese significa porticciuola, della strada che da piazza Sempione portava a Rho, non è rimasto niente. Tranne il portone d’ingresso dell’ex stabilimento dell’Alfa Romeo, luogo semi-dimenticato, lasciato in balia del tempo, che non ha fatto sconti e l’ha trasformato in un reperto di archeologia industriale.
Mentre al Portello i luoghi della memoria uno dopo l’altro si sono arresi alla Milano del cambiamento, il cancello con la scritta Alfa Romeo ha resistito. E continuerà a farlo, tenendo viva la fiamma di un mito conosciuto in tutto il mondo.
03/03/2021
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