La reintroduzione del redditometro, firmata da Maurizio Leo, ha creato una bufera all'interno della maggioranza di governo. Una norma attesa da sei anni, condivisa preventivamente con associazioni dei consumatori, l'Istat e il garante per la privacy, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dopo la firma del decreto ministeriale il 7 maggio. Tuttavia, nonostante i "paletti ben precisi" posti a garanzia dei contribuenti, la misura ha generato un’ondata di reazioni contrastanti.
Il viceministro di Fratelli d'Italia, Maurizio Leo, è stato costretto a spiegare in Consiglio dei ministri la ratio di un provvedimento di cui molti alleati sembravano ignari. Forza Italia ha subito espresso una chiara opposizione, ribadendo la sua storica contrarietà al redditometro, mentre la Lega ha definito la misura "strana", con il capogruppo Massimiliano Romeo che ha sottolineato come il controllo della spesa degli italiani non sia il metodo migliore per combattere l'evasione fiscale.
La sorpresa tra gli alleati di governo non è stata tanto per il contenuto del decreto, ma per il tempismo con cui è stato sbloccato. La misura era in sospeso da anni, con la Corte dei Conti che negli ultimi mesi aveva sollecitato l'attuazione del decreto ministeriale, previsto da una norma del 2018 (il decreto dignità del governo gialloverde). Questo decreto era destinato a regolare il superamento del precedente redditometro introdotto durante il governo Renzi, ma ha finito per suscitare un effetto simile a quello di un "meteorite" sulla campagna elettorale.
Il deputato Marco Osnato di Fratelli d'Italia ha cercato di difendere l'iniziativa, sottolineando che non intacca la riforma fiscale né l'atteggiamento del governo Meloni verso un fisco "amico". Tuttavia, la premier Giorgia Meloni è preoccupata per un possibile effetto boomerang che potrebbe danneggiare l'immagine del governo in vista delle elezioni dell'8 e 9 giugno. I collaboratori di Leo riconoscono che ci sia stato un difetto di comunicazione riguardo una questione complessa.
La risposta del Partito Democratico non si è fatta attendere, accusando la maggioranza di utilizzare le istituzioni per propaganda elettorale. Matteo Renzi ha criticato duramente il provvedimento, affermando che il governo sta seguendo linee guida stataliste, in contrasto con l’immagine liberale che cerca di proiettare. Paradossalmente, anche Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze, si è detto favorevole al redditometro come strumento per la lotta all'evasione fiscale.
In conclusione, il nuovo redditometro ha rivelato crepe significative nella maggioranza, mettendo in luce le tensioni e le diverse visioni all'interno del governo. Mentre si avvicinano le elezioni, sarà cruciale vedere come Giorgia Meloni e i suoi alleati gestiranno questa delicata situazione e se riusciranno a trasformare una potenziale crisi in un’opportunità per rafforzare la loro posizione.
21/05/2024
Inserisci un commento